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La mostra di Sandro Greco al Collegio Cairoli Pavia -Il mondo di SANDRO GRECO- UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PAVIA COLLEGIO FRATELLI CAIROLI Sala delle mostre, Università di Pavia inaugurazione della mostra “Il mondo di SANDRO GRECO” - Dal 18 maggio al 1 giugno 2013 ore 17:00 – 19:30

Pavia -Il mondo di SANDRO GRECO- UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA COLLEGIO FRATELLI CAIROLI Sala delle mostre, Università di Pavia inaugurazione della mostra "Il mondo di SANDRO GRECO". Sala delle mostre, Università di Pavia inaugurazione della mostra "Il mondo di SANDRO GRECO". Relatori il giorno dell'inaugurazione: Prof. Gillo Dorfles, Prof. Angiolino Stella Magnifico Rettore Università di Pavia, Prof. Emanuele Domenico Vicini dell'Università di Pavia, Prof. Antonio Lucio Giannone dell'Università del Salento.

Poesie

SAPER  SORRIDERE
Poiché  sul pianeta terra
si è per un breve soggiorno,
cerca di essere libero, leggero
e semplice come una farfalla.
Continua a saper sorridere
piantando fiori di carta
sull’arida cima di un monte sassoso,
sulla sabbia,
sulla roccia,
sui rifiuti,
sull’asfalto,
sulla neve,
sulla luna.
E sulla luna costruisci aquiloni 
e dondolati,
quanto più in alto è possibile,
su un’altalena fatta con le lenzuola.
Gioca con ogni cosa
e sorridi sempre perché
non solo si è più creativi
ma aiuta anche
a non far morire il “bambino”
che rimane sempre in ognuno di noi.
E quando ti commuovi
pensando a un caro assente

parlacon i fiori.​

Sandro Greco, 2005

Non è possibile che l'uomo
sia sul pianeta Terra solo per lavorare,
mangiare e fare all'amore.
Ci deve essere qualcosa di più profondo e remoto,
ed ognuno deve cercarlo da sè,
ma si smarrisce se pone Dio in soffitta.​

Sandro Greco, 1975

Sandro Greco, santificato come uno dei «Santi Medici»  dell'avanguardia pugliese dal critico d'arte Pietro Marino, in occasione della mostra allestita presso la Galleria «Pino Pascali» in Polignano  a Mare, Bari (La Gazzetta del Mezzogiorno, Sabato 31 agosto 1974). 


Ha portato innanzi la sua ricerca e sperimentazione, nella stagione dell’arte concettuale prima, la land-art, la performance, poi gli “ideogrammi” di analisi del linguaggio, le “forme simboliche”, fino alle più recenti esperienze di manualità, tappeti e mosaici...

Dopo un'esperienza figurativa dal 1948 al 1966 (tema preferito: il circo) lo studio dell'entropia lo porta a nuove visioni dell'arte e con la Mostra "Arte e scienza" del 1967 si avvicina all'arte povera, e all'arte concettuale con "I fiori di carta" ed "I rapporti prossemici" tendenti ad evidenziare i connotati psicologici dello spazio e del tempo. Ricorre spesso ai concetti della chimica, della matematica e della termodinamica per chiarire meglio il contenuto del suo pensiero.

IL MONDO di SANDRO GRECO

 

  Dai “ fiori di carta “ sbocciati sull'asfalto, alle immaginarie farfalle, dalle strisce di carta delimitanti un paesaggio fino alle infinite ceramiche e persino alle formule criptiche dell'entropia ... certo pochi artisti hanno trascorso l'intera esistenza in una costante vena inventiva.
   Perché Greco non si è mai accontentato di sfruttare il suo (notevole) talento, ma si è sempre spinto oltre la soglia del già noto e dell'esperimentato, già a principiare dai suoi anni giovanili quando, abbandonando la professione  di farmacista, aveva  preferito dedicarsi allo studio della chimica, della matematica e poi completamente alla creazione artistica, e  in questa costante volontà di spingersi oltre il già visto e sperimentato, ha creato il suo Opus magnum dove la “pietra filosofale” è costituita da infiniti frammenti che insieme cooperano a realizzare quella unità stilistica che “vale” tanto per le infinite ceramiche - dalle umili terrecotte ai gioielli elitari - alle composizioni esclusivamente concettuali come i “farmaci concettuali”, le reliquie, e persino il testamento olografico.
   Definire Greco come un ceramista sarebbe una diminutio capitis: se la sua maestria nel decorare piatti, anfore, vasi è eccezionale. E basterebbero queste sue innovazioni a riscattare la scarsa attenzione di solito riservata al lavoro ornamentale che invece e un vero e proprio serbatoio di immagini - non dobbiamo invece trascurare quell' aspetto del suo lavoro che mi sembra il più singolare per una sua Weltanschauung - visione del mondo - più vasta e approfondita.
   Intendo: la sua invenzione ante litteram di quella che poi fu definita  Land art, e  questo prima che l’ intervento dell’ artista su elementi paesaggistici  divenisse “di moda”.
   Questo suo valersi di aspetti della natura o di interventi sulla stessa (le strisce di carta, i fiori artificiali, la stessa “invasione dei camici bianchi”, ecc.) e di trasformare tali interventi in valori simbolici e metafisici mi sembra davvero di notevole importanza se si vuole conferire al suo lavoro artistico un valore estetico ed etico insieme.
   Naturalmente sarebbe assurdo tralasciar di accennare alla sua attività più specificatamente pittorica che si estende dalle prime opere sino ad oggi (e speriamo ad un lontano domani).
   Questa sua attività non deve essere considerata come un  semplice complemento a quella  artigianale o a quella  concettuale.
   I dipinti, infatti, a partire da quelli degli anni sessanta, - ancora spesso figurativi (con ritratti e paesaggi vagamente impressionisti) - fino ai più recenti ormai del tutto autonomi,  come tecnica e come contenuto iconico sono una prova di tangibile  d’ una vena compositiva e d’una peculiarità cromatica che si esplica soprattutto nella realizzazione di opere figuratamene ironiche ma anche spesso decisamente astratte.
   Se, negli anni sessanta - settanta, la materia pittorica e la figurazione erano ancora vicine al post-impressionismo e a certo espressionismo dell’epoca; negli anni  successivi - a partire grosso modo dagli anni ottanta – le stesse diventano più decisamente astratte : (“La matematica dialoga con l’ arte“ del ’80), L’ insieme  giallo non vuole giocare”, ’88) fino a trovare nella eccellente serie dei “Clowns” una maniera espressiva del tutto personale, dove l’incrocio tra satira e lirica fanno sì che i dipinti di questo periodo (Isabel, assistente  di Plank, 2005), “Il Clown”, 2006, “Personaggi”, 2008, ecc…) costituiscono un interessante connubio tra figurazione e astrazione.
   Se poi – al di là del settore pittorico -  ci rifacciamo  al vasto lavoro di Greco nella ceramica,  potremo constatare  come lo stesso possa costituire un punto di partenza (anzi di arrivo) per tanto lavoro artigianale dei nostri giorni.
   Oggi quasi tutti i grandi centri ceramici (e in generale dell'artigianato) sono in una fase molto statica o imitativa del passato e ripetono gli antichi stilemi ormai stereotipati.  

Proprio per questo sarebbe fondamentale una vivificazione di tutto il mondo artigianale. Il fatto che Greco abbia intessuto

il suo lavoro manuale con continue valenze concettuali - anche di difficile interpretazione - ha fatto si che lo stesso sia

sempre risultato diverso e in certo senso più misterioso: in altre parole una forma artistica, non solo volta al capriccio

e all'effimero, come quasi sempre accade in molta arte di oggi - ma anche l'incarnazione di una tradizione spesso millenaria

rinvigorita dalle conquiste del pensiero moderno, anche di quello scientifico (come ci insegna Greco ) quando nel suo aureo libretto

“Il tempo, i pensieri e i ricordi” afferma: l'arte è acefala quando non poggia su solide basi culturali).
   Per quanto poi si riferisce al versante concettuale del suo lavoro: dai già citati Interventi sul paesaggio ai suoi giudizi sulla

Prossemica e sull'Entropia o alle “Reliquie”, non resta che ripetere ancora una volta  quanto sia fondamentale per l'arte dei nostri

giorni di saper conglobare etica ed estetica, fantasia e tecnologia, anche per le creazioni in apparenza più elementari o più insolite.

    Gillo Dorfles

Il gioco e l'arte

«Per molto tempo la parola “Gioco” è stata un termine linguistico di scarto usata per definire un comportamento apparentemente volontario, ma che non sembra avere alcuna utilità biologica e sociale››.
Col passare degli anni c’ è stato un forte sviluppo degli studi sperimentali sul “gioco” ed è stato adottato un punto di vista secondo  cui il “gioco” non è un comportamento a sé, ma un aspetto di un insieme di comportamenti.
Già Aristotele nell' Etica Nicomachea X (K), 1176 b-1177a, paragonava il gioco alla felicità e alla virtù non avendo altro scopo che sé stesse.
 Non sono “gioco” le attività ludiche nelle quali c’ è, a volte, la lotta per la vittoria, per la posta messa in palio.
Dunque la felicità non consiste nel divertimento.
E infatti sarebbe assurdo che il fine fosse il divertimento e che ci si affaticasse e ci si affannasse per tutta la vita solo allo scopo di divertirsi.
 L'agir seriamente e l’affaticarsi a scopo di divertimento sembra cosa sciocca e troppo puerile; mentre lo scherzare al fine di agir seriamente, secondo il detto di Anacarsi sembra essere giusto”.
 Infatti il motto di Anacarsi (Figura di antico saggio, VI sec. a.C. in parte leggendaria e per la sua sapienza è presente in alcuni elenchi dei Sette Sapienti) non si riferisce alla contrapposizione «riposo-serietà››, ma a quella «scherzo-serietà».
Homo ludens di J. Huizinga,

Teoria dei giochi di J. von Neumann,
I giochi e gli uomini di R. Callois,
Il Gioco di M. Eigen,
Il gioco come simbolo del mondo di E. Fink,
I Giochi linguistici di L. Wittgenstein,
sono opere che confermano come l’ essere umano, in campi diversi, da quando si rende conto di essere al mondo, non fa che giocare sino alla morte vedendo nel gioco una delle attività fondamentali della sua vita.
   A tale proposito è da ricordare quanto scrive Friedrich Schiller che, nelle “Lettere sull’educazione estetica dell’uomo”, ha sottolineato l’importanza del gioco per la storia della cultura.
   Nella 15° delle sue lettere Schiller scrive: «[...] che fra tutte le condizioni dell’ uomo proprio il gioco e “solo” il gioco lo rende compiuto [...]. Insomma per dirla. brevemente, l’ uomo gioca solo quando è uomo nel pieno significato della parola ed  “è ” interamente uomo solo quando gioca».
   Ed ancora nella 26° lettera si legge: «Fin tanto che l’ uomo è ancora allo stato selvaggio, gode solo con i sensi. [...] non appena comincia a godere con l’occhio, e il vedere acquista per lui un valore indipendente, egli è già anche esteticamente libero e si è sviluppato in lui l’ istinto del gioco.
   Non appena comincia ad agire l’ istinto del gioco, che trova diletto nella parvenza., lo  segue anche l’ istinto dell’ arte, [...]»
.
   L”istinto del gioco (Spieltrieb) schilleriano deve essere inteso come quel qualcosa che abbraccia l’ istinto della forma  (Formtrieb) e l’ istinto della materia (Materietrieb) “ perché solo l'unità della realtà con la forma, della contingenza con la necessità, della passività con la libertà, rende compiuto il concetto dell'umanità”.
   Per questo bisogna contrapporre alla civiltà esistente una civiltà estetica intendendo per questa l’ esperienza artistica generalizzata e caratterizzata come libero gioco dell’ uomo, come struttura fra l’uomo e l’ambiente, come struttura organizzata creativa contro l’ attuale struttura meccanizzata.
  Concetti questi che troviamo in H. Marcuse (La dimensione estetica), il quale afferma che è di rilevante importanza capire la felicità come elemento indispensabile per la libertà.
  “L’ arte come gioco, (si legge in qualche libro) è dunque un modo, non una cristallizzata e immobile verità ontologica ”.
   La celeberrima affermazione di Picasso: «Io non cerco, trovo», vuol dire che la sua scelta è indirizzata prevalentemente al gioco.
   A. Calder, M. Chagall, F. Melotti, J. Miró, P. Picasso e ... hanno giocato con l’arte ed io, per affinità elettive, continuo nel mio libero gioco, seguendo umilmente le loro orme, consapevole, come scrive F. Nietzsche (La filosofia nell’ età tragica dei Greci), che “solo il gioco dell’artista e il gioco del bambino possono nascere e morire, costruire e distruggere con innocenza”.


    Sandro Greco

La Provincia Pavese, 15 maggio 2013

Quotidiano di Puglia, 26 maggio 2013

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